Ai Confini del Museo: le dimore storiche. Palazzo La Marmora a Biella - Francesco Alberti La Marmora
Giornata di Studi | 6 giugno 2015 | Sala Milli Chegai | Teatro Iris – Dronero
Il Museo Mallé in ricordo di Milli Chegai
Case Museo in Piemonte
AI CONFINI DEL MUSEO: LE DIMORE STORICHE
PALAZZO LA MARMORA A BIELLA
Francesco Alberti La Marmora
Sono Francesco Alberti La Marmora e sono proprietario maggioritario di Palazzo La Marmora a Biella. Noi abbiamo fondato un ente nel 2006 che si chiama “Generazioni e Luoghi” al quale la nostra famiglia ha conferito cinque archivi, una parte importante della collezione di dipinti, e che si occupa della gestione, valorizzazione e della tutela, se possiamo usare la terminologia pubblica. Io non ho concepito questa mia partecipazione alla giornata odierna come un discorso su Palazzo La Marmora perché se mi metto a parlare di tutti i filoni che convergono nell’attività che noi svolgiamo - i filoni della famiglia La Marmora e della famiglia Alberti - diventa qualcosa fuori misura.
Per avere conoscenza della nostra attività, occorre illuminare l contesto biellese nel quale si e creata una rete che si è sviluppata in questi tre anni, denominata Rete Museale Biellese, che è estremamente interessante. Quest’anno mette in collegamento ventidue siti tra cui c’è la Sinagoga e il Museo di Biella che si sono aggiunti recentemente.
Ho portato un po’ di queste cartine e di queste cartoline; al numero 20 trovate Palazzo La Marmora con i nostri recapiti e i nostri siti così potete esplorare e conoscere quello che noi facciamo.
Io devo in questa giornata volgere un ringraziamento a Gianluca Kannès perché è lui che nel 2012 organizzò il convegno a Perugia che poi è stato il momento che ci ha unito tutti quanti. Credo che sei stato tu a fare il mio nome perché io fui invitato a quel convegno e ho accettato con molta sorpresa perché in quel momento non mi identificavo ancora come Casa Museo.
Sul termine Casa Museo si potrebbe aprire una lunga divagazione per comprendere e mettere a confronto la terminologia italiana e quella francese, perché si creano una serie di malintesi. Sarebbe divertente ma ci porterebbe lontano.
Sono entrato così subito dopo quel convegno di Perugia nella commissione ICOM quindi ho condiviso lo sviluppo di questo lavoro fino a quando nel novembre dell’anno scorso è stato organizzato da noi a Palazzo La Marmora un’occasione di confronto che ha avuto un carattere internazionale perché era presente Demhist, erano presenti case museo di diversi luoghi italiani e con i temi chiave.
In quell’occasione emerse una specificità delle dimore storiche visitabili, aperte e abitate, rispetto alle altre Case Museo. Io su questo insisto molto perché ho costatato in tutti questi anni, da Perugia ad oggi, una grande condivisione dei temi con gli amici che gestiscono case museo che sono di università, di comuni, di enti pubblici. C’è un’altra abissale sostanziale differenza nelle case museo private:
1) Perché le abitiamo.
2) Perché nella figura del proprietario si somma la funzione di testimone, di conservatore ma anche di proprietario, mentre invece di un’istituzione pubblica la conservazione e la parte patrimoniale sono specifiche prerogative di un ente, l’esperto ha un compito che è diverso, quindi questo tema secondo me necessita di una focalizzazione.
Si sta intraprendendo una strada difficile ma, secondo me molto preziosa, quella di aprire la possibilità che il concetto “Case Museo” venga inserito nel Codice dei Beni Culturali. Aggiungo un’annotazione, mi auguro che questa strada, che so essere in discussione, abbia dei buoni esiti, ma aggiungo, con un po’ di ottimismo, che venga configurata una diversificazione ulteriore per i luoghi che sono abitati perché la situazione delle dimore storiche è tale che le rende diverse.
I parametri museali che sono stati inventariati nel convegno di Firenze, a una bella rilevazione di Kannès rivelano una situazione molto disomogenea a livello nazionale. Credo che molti proprietari delle dimore storiche aperte ai visitatori troverebbero difficoltà a riconoscersi nei requisiti che rendono possibile il riconoscimento pubblico.
Credo, invece, che il patrimonio privato che è custodito da questo tipo di famiglie che vivono nelle dimore storiche sia così prezioso da motivare l’apertura di una strada ad una facilitazione che includa una serie di benefici per la collettività. Tutto ciò credo sia importante.
Uno dei temi fondamentali per noi che custodiamo questo tipo di edifici è la responsabilità della memoria, la memoria che noi gestiamo, ed è qui che sorge l’elemento dell’emozione e della sorpresa, capace di inescare un contatto diretto tra noi e le cose di cui parliamo.
Quando io mostro agli ospiti le tavole dipinte cinquecentesche che raffigurano Sebastiano Ferrero che fu per quindici anni l’amministratore delle finanze dei francesi, così come gli autografi e le dediche di Montale, Saba e Gide a mio padre, avverto una densità di rimandi che rende questo ruolo di testimonianza di grande responsabilità e deve essere in qualche modo configurata.
Sono particolarmente contento oggi di essere stato invitato qui perché questa configurazione di elementi comuni del gruppo delle dimore storiche ha bisogno di essere condivisa con le altre Case Museo e credo che conoscere nuove realtà sia un passo importante.
Molti di voi non li conoscevo; quando avevamo fatto il convegno di Biella non siamo riusciti a contattare tutti e credo che una cosa che si potrebbe pensare di mettere in marcia per il futuro, non c’è bisogno di correre, è quello di pensare a livello piemontese una rete che ci colleghi insieme, internet lo rende possibile.
Credo che tutti uniti, pur mantenendo con coerenza i principi della conservazione e senza sperare di attirare le folle, possiamo offrire la specificità di quello che abbiamo ai visitatori