Villa Flecchia a Magnano di Biella e le proprietà del Fai in Piemonte - Silvia Cavallero
Giornata di Studi | 6 giugno 2015 | Sala Milli Chegai | Teatro Iris – Dronero
Il Museo Mallé in ricordo di Milli Chegai
Case Museo in Piemonte
VILLA FLECCHIA A MAGNANO DI BIELLA E LE PROPRIETA’ DEL FAI IN PIEMONTE
Silvia Cavallero
Io non mi occupo direttamente di Villa Flecchia, mi occupo del castello della Manta. Vi porto i saluti della struttura che ha curato Villa Flecchia, il FAI, perché non è il lavoro di un singolo ma di una squadra ampia, di un ufficio cultura, di un ufficio valorizzazione, di un ufficio gestione e di responsabili in loco e il responsabile è il Direttore di Masino e Villa Flecchia insieme.
Ho voluto partire da questa immagine non per ampliare il tema ma per farvi visionare dove sono le strutture del FAI in Italia con una netta concentrazione nel nord Italia.
E’ una scelta a livello politico del FAI quella di acquisire beni su tutto il territorio nazionale in modo che la modalità del “fare” possa concretizzarsi in tutta Italia.
Se ci concentriamo sul Piemonte vediamo che quei 3 cerchi arancioni ci dicono che ci sono tre beni che sono aperti, che il castello di Manta nel sud Piemonte è in stretto dialogo e collegamento con gli altri due che sono il castello di Masino e Villa Flecchia.
Questa villa è stata donata nel 2011, quindi è un’acquisizione molto recente, da Piero Enrico e da Franca Ferrero in memoria dello zio Domenico Flecchia a cui è dedicata.
Costruita dal nipote proprio per questo legame pressoché filiale con lo zio, quindi un rapporto di gratitudine con un’attenzione importante ovviamente all’interno ma anche a quello che dall’interno all’esterno si vede.
Il territorio è quello della Serra di Ivrea che accoglie una villa degli anni sessanta di tre piani circondata da un giardino, con una parte a frutteto abbastanza esteso che consente un colpo d’occhio importante sull’anfiteatro morenico eporediese.
Ecco l’altro colpo d’occhio importante. Questo è fondamentale per lavorare su quella che è l’identità della villa, ed è la riflessione che è stata fatta dal FAI. La villa è stata aperta al pubblico nel giugno 2014, con un’apertura il sabato e la domenica per quattro mesi: giugno, luglio, agosto e settembre.
L’anno scorso l’hanno visitata un migliaio di persone e adesso avendo appena aperto i battenti sono stati circa un centinaio quindi non parliamo di una grandissima affluenza ma perché la stessa villa, per quella che è la sua contenuta dimensione, per quella che è la preziosità della collezione che contiene, richiede una cura del visitatore, della persona che le si avvicina.
Questo doppio aspetto di natura e paesaggio per quanto riguarda la sua identità nel contesto in cui è collocata si ritrova pienamente realizzato in quelle che sono le opere esposte.
Si tratta di arte figurativa italiana e piemontese; siamo tra l’Otto e il Novecento. I donatori sono collezionisti e lì sono collocate una parte delle opere della loro collezione. Ora questo doppio aspetto di dentro-fuori è fondamentale nella riflessione sulla villa stessa.
Al piano terreno sono collocati le opere di Fontanesi, Delleani, Matteo Olivero e di una serie di altri artisti significativi, il secondo piano ha un’estensione maggiore con due camere da letto, uno studiolo, un salone ed una sala da pranzo.
Il legame tra villa e paesaggio è riproposto frequentemente nei soggetti dei quadri che sono esposti.
Gli ambienti della casa sono vuoti. E’ fondamentale che il luogo venga fruito e che la visita sia guidata per accogliere il valore della collezione e del suo contenuto.
Voi vedete da queste due fotografie come anche le vetrate siano una parte importante di questa villa perché nell’impianto architettonico è stata scelta la sottolineatura del dialogo tra interno ed esterno.
La riflessione che il FAI sta facendo su questa villa riguarda anche il percorso di visita all’esterno in modo tale che il contesto stesso in cui è collocata la villa offra uno sguardo sul borgo medievale e la Serra di Ivrea. La visita può essere uno spunto per andare a vedere e conoscere il territorio in cui la villa è collocata, in quello che si spera possa diventare un sempre maggior dialogo con il contesto che la ospita e che diventi sistema grazie ai fulcri esterni. Ed è per questo che mi ricollego ad una riflessione che è stata fatta dal nostro Presidente Andrea Carandini e che si intende riferita a tutti i beni del FAI e non esclusivamente a Villa Flecchia.
Nel caso di Villa Flecchia ben si coglie quello che è il centro del discorso in cui si lega il paesaggio cui è inserito a la villa; il bene come fulcro di un sistema che effettivamente diventa sistema grazie ai diversi fulcri del territorio stesso e quindi quello che è lo sguardo all’esterno o quello che l’esterno ha come sguardo sulla stessa villa diventa sistema e non soltanto più singola isola.
Un reciproco sistema di fulcri per poter evidenziare gli uni e gli altri e nello stesso tempo. Non dimentichiamo che se quella villa, quell’edificio, quel castello nasce in un determinato luogo, ovviamente un motivo c’è. L’obbiettivo consiste nel fare in modo che i beni FAI non siano beni isolati ma diventino parte del sistema e del contesto in cui sono inseriti.
Oggi si parla di radici, è fondamentale la ricerca scientifica e la ricerca storica perché non si deve dimenticare che si è parte di qualcosa da studiare in modo rigoroso con un’attenzione a quello che è il territorio. Questo permette di arrivare ad identificare quello che noi chiamiamo la “vocazione del bene”, il messaggio centrale da cui dipanare tutto quello che può essere lo sviluppo nell’ottica della conservazione, ovviamente, della trasmissione, e della valorizzazione di quello che non è più solamente un bene materiale ma che è anche immateriale ed è altrettanto importante.
Villa Flecchia è stata identificata come un luogo che può narrare, può far scoprire il connubio tra natura e paesaggio grazie a quelle che sono le collezioni al suo interno, ma rimanda anche alla natura e al paesaggio che ci sono all’esterno, quindi un dialogo costante tra interno ed esterno.
La villa è stata donata con la collezione ma la collezione non era esposta ed è stata posizionata all’interno dell’abitazione dal FAI, pertanto l’elemento abitativo non è predominante. La villa non è stata abitata da Domenico Flecchia che ci veniva giornalmente ma senza fermarsi a pernottare, quindi è sempre stata una villa in cui ci si fermava, ci si riposava ma non si viveva.