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Scheda di approfondimento: Loth e le figlie

Pittore genovese, 1620- 1630

Loth e le figlie

Olio su tela,
154 x 124 cm., inv. 122.
Restauro: 1995,
A. Perugini, Mondovì.
L'opera è riconoscibile nell'elenco allegato all'inventario d'eredità, collocata nello studiolo attiguo al salotto.

 

Il dipinto raffigura Loth ubriacato dalle figlie: la maggiore sulle sue ginocchia gli ha offerto un calice di vino, la più giovane ha tra le mani un'anfora; sullo sfondo Sodoma in fiamme.
L'opera è caratterizzata da un solido impianto strutturale imperniato sulla vigorosa figura centrale; più sfuggente risulta invece la rappresentazione della figlia minore, in una posizione non ben risolta. La dominante cromatica è modulata su toni caldi e intensi, solo in parte impoveriti dallo stratificarsi di passati incauti restauri che l'attuale intervento ha potuto eliminare solo limitatamente.
E’ indubbia alla base la conoscenza della pittura caravaggesca nell'illuminazione netta, che crea ampie zone d'ombra sul volto e sulle spalle della figlia maggiore come sul viso e mano sinistra di Loth; ad essa si deve anche l'osservazione realistica dell'anatomia, del calice in vetro e dell'anfora con festoni ed anelli che proiettano precise ombre. Questi spunti caravaggeschi si combinano però con modi accademici, accompagnati da una stesura compatta del colore. Questa combinazione culturale trova raffronti in certa produzione genovese intorno al terzo decennio del Seicento. A Genova infatti aveva assunto grande importanza l'arrivo nel 1617 della gran pala dell'Assunta di Guido Reni per la chiesa del Gesù in coincidenza col ritorno di Domenico Fiasella dal soggiorno romano (G.V. Castelnovi, 1987, p. 81). La lezione sui bolognesi appresa dal Fiasella nel decennio romano trova quindi un immediato riscontro genovese e ne sono testimonianza opere con cui il dipinto in questione presenta alcune affinità. Lo svenimento di Nicandra (Genova, coll. Giacomo Cattaneo Adorno) vicino al 1624 e la Morte di Meleagro (Genova, Accademia Ligustica di Belle Arti) datato alla meta degli anni '20 (M. Bartoletti, 1990, pp. 104-106, 116-117) con affinità nel viso di Atalanta con quello della figlia maggiore di Loth mentre il volto del vecchio padre sembra rimandare al viso senile di profilo nella figura della Prudenza di palazzo Tursi a Genova, datato verso il 1630 (F. Lamera, 1990, pp. 162-165). Entra nelle complesse componenti culturali del dipinto anche la conoscenza della produzione di Vouet che nel 1621 aveva spedito da Roma per la chiesa del Gesù un Calvario in cui traspaiono le sue conoscenze milanesi e bolognesi; un'inclinazione dunque che andava a confermare questo particolare indirizzo della pittura in Genova nel terzo decennio del Seicento, che trova in Fiasella precisa testimonianza e al quale si affianca un'altra componente ad evidenza più aderente al vero giocata su una materia pittorica viva, resa in modo libero. E. R.

Elena Ragusa, in E. Ragusa (a cura di), Museo Mallé Dronero, L’Artistica Savigliano, 1995.

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